pubblicata da www.lavocedellisola.it (2012)
Considera la sua bellezza una sorta di cliché, un aggettivo d’accostare al suo nome: Monica Bellucci.
Vi assicuro, però, che è impossibile non considerare la parola “bellezza” quando la si vede arrivare.
In pratica impossibile pensare ad altro.
Che la signora Bellucci lo voglia o no, è e rimane, un’icona intoccabile di bellezza e di charme.
Ritornata ancora una volta in Sicilia,terra che tante volte l’ha vista protagonista su set di film o pubblicità, Monica regala nei suoi due giorni al Taormina Film Fest, un ritorno al passato al tempo delle dive di una volta, quando nella Perla dello Ionio arrivavano le vere star del cinema nostrano ed internazionale.
Premiata con il Taormina Arte Award disegnato da Gerardo Sacco e consegnato dal regista francese Patrice Leconte, Monica incontrando la stampa ha dimostrato tutto il suo amore per la Sicilia e le sue tradizioni.
Monica ritorni ancora una volta in Sicilia ed ancora una volta da protagonista…
…quando la Sicilia chiama io rispondo sempre volentieri. Devo il mio successo a questa terra. Chi ha veramente creduto in me e mi ha dato il primo vero ruolo da protagonista, è stato un grande siciliano, Peppuccio Tornatore, senza di lui e senza Malena, non so se la mia carriera sarebbe stata la stessa.
La vostra amicizia ti ha portato a girare un cammeo in Baaria?
In pratica si. Ho chiamato Peppuccio durante le riprese di Baaria, non facevo parte del cast del film, ma quando ci siamo sentiti Giuseppe mi ha chiesto di raggiungerlo sul set, perché voleva trovare un ruolo per me. Così è nato quel cammeo di pochi minuti.
Anche la campagna pubblicitaria di Dolce e Gabbana ti lega alla Sicilia?
Verissimo! A parte le origini di metà della coppia, era chiara l’ambientazione dello spot che ho subito amato perché pensato con quel pizzico di malizia che ha condito un’ambientazione siciliana d’altri tempi.
La Sicilia è sempre più terra di cinema….
…ma il cinema non credo che potrebbe esistere senza la Sicilia. Luoghi come i vostri sono difficili da trovare altrove. L’ Italia è una terra ricca, caratterizzata da luoghi da favola, ma tutti assolutamente diversi per peculiarità dalla Sicilia.
Monica è fuor d’ogni dubbio che sei un’icona, un riferimento per bellezza, ma è anche vero che tutti pensiamo a te come una vera diva, un ritorno ai fasti di una volta di attrici internazionali e nostrane. Nel suo quotidiano Monica Bellucci, come vive questo suo stato d’icona?
…La parola bellezza quando si parla della sottoscritta, sembra quasi un obbligo, una cosa che si deve scrivere per forza, ma ormai non ci crede più nessuno, a me non interessa, non penso a me come ad un’icona, se avessi pensato in questi termini avrei già chiuso la mia carriera. Pensare in questi termini, è come considerarsi arrivati. Non è il mio caso.
Non mi sento una diva. Le grandi attrici americane, da Marilyn Monroe ad Ava Gadner, sono state dei miti intoccabili, ma se devo pensare ad una fonte d’ispirazione, il mio pensiero va alle nostre attrici dalla Magnani alla Loren. Donne vere, sanguigne che hanno interpretato egregiamente anche ruoli che andavano al di là della loro età, basta pensare che la Loren quando interpretò “La Ciociara” aveva solo 26 anni.
E allora il divismo esiste ancora oppure no?
Il divismo è morto e nessuna delle attrici d’oggi può definirsi veramente “una diva”, perché la vita di un’attrice non è più così staccata dalla quotidianità, lontana dal mondo degli spettatori: dai giornali finiamo col sapere tutto della vita privata, delle passioni e delle debolezze di un’attrice.
E poi bisogna stare molto attenti a non essere solo immagine, a non vedere più la differenza tra la persona e l’immagine che ne viene trasmessa, perché quando l’immagine è distrutta, la persona non esiste più. E noi attori siamo le prime vittime di questa mentalità.
Non ti sei mai posta il problema di accettare ruoli molto diversi tra loro, che in taluni casi hanno, anche, mortificato la tua esteriorità, come decidi qual è il ruolo giusto?
Il ruolo fisso, alla fine t’ingabbia. Ho accettato con gioia d’interpretare “Malena”, che esaltava la mia femminilità, ma non mi sono fermata davanti ad un ruolo totalmente opposto come in “Le concile de Pierre”.
Non attuo una strategia, leggo il copione se la parte mi piace la interpreto e poco importa se è un ruolo drammatico o comico, devo sentirlo e se mi piace accetto.
Gli attori sono bambini fortunati che continuano a giocare, quindi, perché precludersi un gioco nuovo?