di Valeria C. Giuffrida

 

Pubblicato da “Altroparere” 2007

 

 

Il suo vocione riecheggia nella scale dei un noto albergo catanese. Questa è la terza volta che incontro Lando Buzzanca ed ogni volta giungo alla medesima considerazione, quella che sfocia nel rendermi conto del magnetismo che questa persona possiede.

Il suo è un vocione bonario, impostato come un attore del suo calibro deve possedere, non fa paura perché di solito segue una fragorosa risata. Lando è un affascinante uomo di poco più di 70 anni, con un sorriso accattivante, molto amato dal pubblico che lo attende pazientemente con tanto di foglietto e penna per l’autografo.

Tornato in televisione come protagonista della serie “Mio figlio”, con Caterina Vertova e per la regia di Luciano Odorisio, in cui recitava la parte di un commissario di polizia che scopre di avere un figlio gay, l’ex homo eroticus del cinema italiano, si riapproprierà  del suo personaggio, visto l’enorme successo di auditel ottenuto, con un’altra serie televisiva, nata da una costola di “Mio figlio” e che ha avrà per titolo “Il Commissario Vivaldi”.

Nel frattempo con dei magnifici ruoli in costume è stato protagonista sia sul piccolo schermo, (“La vera storia della Baronessa di Carini”) ed al cinema interpretando il  Principe Uzeda, ne “I Vicerè”.

L’intervista si svolge seduti sui gradini di una delle rampe di scale che porta ai piani del noto albergo. Le sedie non ci sono state precluse, ma lui è talmente alla mano che si dimentica di quello che rappresenta per la cinematografia italiana ed a dispetto di ben più giovani colleghi che sconoscono l’umiltà, si racconta come se avesse iniziato questo mestiere due giorni prima.

Lando “I Vicerè” hanno ottenuto il meritato riscontro. Cosa ha comportato interpretare Giacomo Uzeda, personaggio ricco di contraddizioni?

Giacomo è un uomo spietato e senza scrupoli. Capace della peggiore delle azioni per estendere i propri domini. Non si ferma neanche davanti ai figli Consalvo e Teresa. Tutta la sua cattiveria, però, viene fermata da una cosa stupida banale, l’essere succube della superstizione, ne è talmente dominato da credere che il suo stesso figlio sia per lui fonte di malocchio.

Alla fine però si rivela molto più debole di ciò che si possa credere…

… Si infatti, raccontando a Tancredi, il piccolo di casa, come la madre gli abbia insegnato a tenere ben presente l’odio per gli altri, rivela la sua immensa necessità di essere amato.

Per un attore, quindi, una bellissima sfida perché alla fine, Giacomo, rivela delle sfumature insospettabili..

… E’ un personaggio ricchissimo, ma soprattutto veritiero che mi ha permesso d’interpretarlo con naturalezza, eliminando tutto l’enfatico che un ruolo come questo avrebbe richiesto.

Titubanze nell’accettare di essere Giacomo Uzeda?

No! Tachicardia! Nonostante abbia 50 di carriera sulle spalle, al primo ciak ero emozionato come i mie giovani colleghi.

E’ stata dura girare in Sicilia a fine agosto inizi settembre con degli abiti così pesanti…

Non ne parliamo! Essere infagottati in abiti di velluto e pesanti, com’erano quelli dell’epoca con il clima che la nostra bella Sicilia ci riserva in agosto e settembre, è stato quasi un supplizio, però avevamo anche il piacere d’indossare dei costumi bellissimi creati dal premio Oscar Milena Canonero…

Faenza ti ha chiesto di far dimenticare Lancaster ne “Il Gattopardo” perché sempre questo raffronto con gli attori americani?

No, Faenza si riferiva al ruolo. In fondo erano due situazioni simili e quindi Roberto, mi ha chiesto di far dimenticare Lancaster ne “Il Gattopardo”, ci sono riuscito? Non lo so! A posteri la sentenza.

…Io direi di si! Cosa ha rappresentato per te questo ruolo in termini personali?

Tantissimo. Grazie a questo film sono tornato al mio unico grande amore: il Cinema.

Abbiamo fatto il cinema con questo lavoro….

…Perché asserisci questo? Negli ultimi anni il cinema italiano sembra risorto..

….ma siamo minimalisti. Ci si accontenta di storie semplici, gracili, che richiedono poca attenzione allo spettatore. “I Vicerè”, invece, è cinema con la C maiuscola.

…. Dopo questa dichiarazione d’amore verso il cinema, posso tornare a parlare di televisione con te?

Assolutamente si. L’uno non toglie nulla altra se il lavoro è fatto bene.

Ho letto che l’idea per la serie televisiva che ti ha riportato in televisione (“Mio figlio n.d.r.) è stata la tua….

Si, volevo raccontare l’omosessualità vista dagli occhi di un padre. Descrivere il cazzotto allo stomaco che gli arriva quando viene a sapere che il suo unico figlio è gay.

Se ti fosse capitato in prima persona….

Mi avrebbe fatto malissimo, ma alla fine l’avrei accettato.

Uno dei tuoi due figli sta seguendo le tue orme, ti ha reso orgoglioso?

Si. Massimiliano, dopo essere diventato avvocato, mi ha esplicitamente detto che di tribunali non ne poteva più e che voleva riprovarci. L’ho visto recitare ed è molto bravo, sono certo che andrà avanti.

La tua assenza dalla televisione ti ha fatto sentire discriminato?

Se in un lasso di tempo di dieci anni la Rai non riesce a trovare un progetto giusto per il sottoscritto, il dubbio ti assale.

Ad un certo punto della tua carriera, però, hai preso una decisione importante, lasciare il cinema. Nel tempo ti sei pentito di quella scelta?

No. Erano i primi anni ottanta, mi arrivavano copioni solo con dottoresse, segretarie, infermiere, Pierini vari ecc ecc. In uno di questi io e la Fenech avremmo dovuto interpretare Adamo ed Eva coperti solamente da una foglia di fico, ma io avevo 40 anni e non mi sembrava il caso di portare avanti quel genere di personaggio. Così optai per trasferirmi all’estero…

… E le cose andarono bene?

Nel 1971 uscirono tre film miei, guadagnai 180 milioni contro i 110 di Sordi.

Nonostante questo successo in Italia non cambiò nulla?

No. La gente mi identificava con quel tipo di personaggio e trovare un regista disposto a mettersi in gioco non fu facile. Solamente nove anni dopo, Antonello Fassari mi chiamò per “Il segreto del giaguaro”. C’è però, anche il rovescio della medaglia…

…Ovvero?

Ho anche rifiutato diverse parti…

…Quali?

Nel 2002 Benigni mi propose di essere Mangiafuoco nel suo “Pinocchio”, ma essere il cattivo di Collodi non mi convinceva e pertanto rifiutai.

Hai mai avuto paura di rimanere tagliato fuori dal mondo dello spettacolo?

No, perché nel frattempo non sono rimasto fermo. Ho continuato a fare teatro che è l’ altra mia grande passione.

Torniamo un attimo indietro, ad un certo punto della tua carriera con la tua faccia pubblicarono anche dei fumetti porno…

Verissimo, ma io non c’entravo nulla. Li trascinai in Tribunale ma non ci fu verso di fermarli. Chi li pubblicava diventò ricco a mie spese.

Anche le femministe, a causa dei tuoi film, ti attaccarono pesantemente…

…Purtroppo non comprendevano che in realtà quei film erano a favore della donna, la mia era figura grottesca, perché portavo in scena il maschio vittima di se stesso.

Lando quando hai capito che la recitazione era la tua strada?

Credo di essere nato attore, ma per diventarlo ho dovuto faticare. A 17 anni Lucia, che allora era la mia fidanzata, rimase incinta. Io avevo 19 anni e decisi di sposarla. Ero infelice, però, mi stavo consumando e le chiesi di farmi andare a Roma all’ Accademia di Arte drammatica, altrimenti sarei morto. Per un po’ feci la fame, poi, fortunatamente, tutto cambiò e mia moglie e mio figlio mi raggiunsero.

Il tuo è uno dei matrimoni più longevi nel mondo dello spettacolo in Italia…

…Sono più di 47 anni che sono sposato con Lucia e non l’ho mai tradita. E’ la mia vita e per lei mi butterei nel fuoco.

.. Non l’hai mai tradita? Dobbiamo crederci?

Puoi metterci la mano nel fuoco, però di tentazioni me ne sono presentate tante, anche una ragazza appena sposata in viaggio di nozze. Voleva a tutti i costi passare una notte con me, era bellissima, ma io continuavo a pensare a quel povero marito, già cornuto dopo così poco tempo e, a Lucia mia moglie, così tutto finì li.

Pentito?

No! Non mi pento mai delle mie decisioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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